articolo a cura di Gianni Giardiello
Mi è stato chiesto, da colei che sta curando questo Quaderno di documentazione della XII.ma edizione della Conferenza della Scuola in Piemonte, di introdurre il tema del ruolo, senza alcun dubbio “politico”, che la Scuola (con la S maiuscola) ha nella difesa e nello sviluppo dei valori delle conoscenze, della cultura, della convivenza civile e della partecipazione democratica, per contribuire alla rinascita del Paese. Proverò a rispondere al compito riprendendo, ancora una volta alcune delle considerazioni e delle proposte che, come associazioni della scuola piemontesi, abbiamo elaborato e discusso in decine di iniziative pubbliche, per cercare di capire e documentare le cose importanti che si stanno facendo nelle scuole piemontesi, e cercando di rispondere ad una prima fondamentale questione che riguarda il rapporto fra la Scuola e la Politica: la Scuola riesce davvero ad assolvere ai compiti di istruzione ed educazione dei cittadini che la nostra Costituzione le richiede di assolvere?
La risposta, su cui quasi tutti i protagonisti del mondo scolastico concordano, è drammaticamente semplice: “No”, la Scuola non ce la fa a garantire effettivamente ed efficacemente il diritto alla istruzione e alla educazione di tutti i cittadini, piccoli, giovani e adulti, vecchi e nuovi italiani, abili e meno abili, “senza distinzione di colore, genere sessuale, credo religioso etc. etc.” si vedano i quaderni n 8 e n10)
D’altra parte i dati che emergono dalle annuali rilevazioni del Censis – Istat e dello stesso Ministero della Pubblica Istruzione lo confermano.
Mediamente tra il 20 e il 25 % degli studenti che iniziano il percorso della Scuola Superiore non finiscono gli studi. Un tasso di dispersione pressoché identico in tutte le aree del nostro Paese il che significa che oltre 3 milioni e mezzo di studenti su 11 milioni, hanno abbandonato la scuola che avevano scelto. Una parte, piccola in verità, viene recuperata dalle scuole paritarie e dalla formazione professionale regionale. Il nono rapporto dell’Istat (2021, post Covid) segnala che l’Italia mantiene il triste primato europeo del 23,1% di giovani fra i 15 ei 29 anni che non studiano, né lavorano…
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